Appunti per l’incontro di polivisione del 23 maggio 2017 alle ore 19,00
Inizio dalle righe che Giuseppe Preziosi ha letto al termine del suo lavoro di osservazione per raccontare l’incontro di polivisione del 28 aprile 2017 che sa di favola ma non lo è.
La zanzara che viene dalla periferia, inquieta cerca una strada alla conoscenza del contatto ma uno straniero, non sapendo come dirlo, per attirare la sua attenzione spacca il ponte. ” Non mi è mai capitato!” dice Fra e saluta disinibito “Devi essere gentile” aggiunge. Il gigante, che non manca mai, resta fermo per non far male a nessuno, giusto uno ” scusa”. ” Dite sempre le stesse cose” urla il drago, tentando di uscire dall’istantanea e provare a prender voce attraverso la drammatizzazione.
Un gruppo di adulti decide un giorno che se è in grado di costruire delle relazioni sociali indirizzate alla crescita di ogni componente, può ospitare un altro gruppo che conta sugli adulti per crescere con loro. Questo è solo l’incipit di una storia che comincia a essere scritta e di cui siamo lieti di essere anche noi dei testimoni.
Venerdì 28 aprile 2017 il seminario sulla polivisione di casi clinici dell’età evolutiva è stato pienamente chiamato a testimoniare degli avvenimenti di cui sopra.Qualche riga per descrivere, solo provvisoriamente e solo in modo approssimativo, che abbiamo ascoltato una comunicazione, piena di emozione, sulla fondazione di un gruppo di bambini e bambine con diagnosi di autismo ad alto funzionamento. La fondazione la si deve a psicologhe, a terapiste della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE), logoterapiste che vedendo esaurirsi le opportunità offerte dalle terapie individuali, ben riuscite, va detto, ideano e realizzano uno spazio sociale e di cura per i loro assistiti. Sappiamo che la tradizione di questa metodica ha un luogo di nascita: Neuropsichiatria infantile di via dei Sabelli. A questa meravigliosa istituzione si deve anche lo sforzo di teorizzazione che ad oggi appare ancora incompleto come incompleto è il quadro normativo di riferimento per quanto concerne il rapporto di convenzione pubblico, privato sui costi della terapia riabilitativa in gruppo.
Come si intravvede da queste righe l’impresa è e sarà, nel futuro prossimo, gigantesca.
Il racconto si snoda portando all’ascolto dei convenuti nello studio Nuovi Percorsi in via Borelli 5, a Roma, il 28 aprile 2017, la storia di cinque bambini e bambini e di altrettanti professionisti che aprono la palestra del centro alla costruzione di ponti, tra bambini e bambini, tra bambini e bambine, tra bambine e bambine e tra bambini e adulti. Gli adulti incontrano gli altri adulti, per uscire dalla stanza terapia duale dove incontro dopo incontro, hanno stretto un legame di crescita con ogni singolo bambino. Quel legame, costituitosi nella relazione a due, nel setting gruppale è posto alla prova del transfert orizzontale tra fratelli e sorelle, come del transfert che si stabilisce tra le diverse madri e padri che garantiscono la legge che regola la possibilità dell’incontro. Il contesto è stato ideato affinché offra un modello ecologico di incontro, orientato non esclusivamente al riconoscimento delle funzioni metacognitive. Lì in gruppo ci si sta per confrontarsi con l’altro, sia con la parola, quella calda che si svolge nel qui e ora, sia per affrontare il tema della regola che l’altro, semplicemente con ciò che la presenza/assenza pone, per giocare e emozionarsi, per pensare cosa ha funzionato e cosa si è complicato. Il modello del gruppo è evolutivo, centrato sullo sperimentare competenze con piacere e per dirla con uno dei partecipanti “se lavorare mi piace, divertirsi può diventare un lavoro” e il lavoro è necessario saperlo attendere e costruire assieme all’altro. Attendere il proprio turno non è facile quando la mancanza di controllo delle pulsioni, l’ansia di fare e fare ancora si fa emergenza, urgenza di non disperdersi. Nel gruppo c’è una scansione delle attività: il saluto, la costruzione, le domande che l’incontro precedente ha posto e infine la drammatizzazione dei momenti di impasse, di conflitto dell’incontro precedente. La drammatizzazione è stata voluta e pensata a seguito degli incontri di polivisione in cui lo psicodramma accompagna la rielaborazione della clinica da parte della neuropsichiatria. E’ a questo punto che data la mole di contenuti su cui pensare e l’orario, abbiamo deciso di proseguire in setting psicodrammatico martedì 16 maggio dalle ore 19,00 alle 20,30.
Lo scritto di R. Kaes (1999), contenuto in “Lo Psicodramma psicoanalitico di gruppo, Borla, 2001 p. 62-63”, dal titolo: “La scena dello psicodramma come area d’incontro intersoggettivo” ci invita a proseguire per animare il sogno di un gruppo di bambini e bambine riunito da esperte professioniste: “Ho sottolineato più volte come nel gruppo la pluralità faccia alternare le esperienze dell’assenza nella realtà delle partenze e nell’eccesso della presenza, ma anche come la presenza effettiva dell’altro imponga un limite alla propria presenza e come questa notevole oscillazione che presiede alle condizioni stesse del pensiero, organizzi l’esperienza della solitudine in presenza dell’altro. (…) O. Avron osserva anche che nello psicodramma la presenza reale ha il proprio impatto psichico e ne precisa gli effetti specifici: “Il gioco che permette di rappresentare con dei partner ciò che non è più, o non è ancora, combina sottilmente presenza e assenza, immaginario e incarnazione (…) Allo stesso modo, la presenza dei membri del gruppo in corso di discussione rafforza allo stesso tempo gli effetti proiettivi e gli inciampi della realtà esistenziale (O. Avron 1996 p.13).
Nicola Basile
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