Categoria: educazione

Contributo per l’incontro di psicodramma analitico del 9/09/23

“Scorgere l’orizzonte attraverso il buco della dimenticanza”

di Nicola Basile
(didatta della Società Italiana di Psicodramma Analitico)

“Quando ti sforzi di dimenticare qualcosa ottieni l'effetto opposto.
Invece di qualcosa diventa Quella Cosa.
Ci teniamo così tanto ai nostri sforzi che ci è impossibile dimenticarli.
Dovremmo invece incorniciare i momenti di riposo.”
Enzo Fileno (2022)

Premessa
Proporre un percorso che inizi con l’esperienza analitica in gruppo con lo Psicodramma analitico, richiede il fornire contributi che alimentino il desiderio di parteciparvi. Il 9 settembre 2023 il Centro Didattico Aletheia della SIPsA aprirà uno spazio dedicato allo Psicodramma Analitico con cadenza mensile. (La locandina è scaricabile in pdf). L'iniziativa, che si configura tra quelle approvate dalla SIPsA, vuole favorire chi non può recarsi settimanalmente in uno dei gruppi del Centro Didattico.
Tale desiderio può scaturire da una domanda che non trova risposte, da stimoli professionali o entrambi. Questa fase è definita nell’ambito della letteratura, partecipazione a un gruppo di base o esperienza analitica in gruppo di psicodramma.
In questo breve testo proverò a definire, anche se volutamente con molta approssimazione, come la dimenticanza possa divenire uno strumento di accesso a ciò che apparentemente è stato cancellato e come ciò che sembra essere stato cancellato dalla memoria, sia insieme limite e opportunità per l'essere umano.

La fonderia dei metalli oggi è narrata dalle pietre, con l'immaginazione possiamo ascoltare la storia. foto N. Basile

Dimenticare il nome nel sogno
Nella vita onirica notturna il nome che ci hanno consegnato, lo possiamo temporaneamente dimenticare affinché l’ombra della ragione possa vagare alla ricerca di segni di cui essa non sa tenere il conto. Il nome prima di divenire un simbolo è stato segno incomprensibile per ciascuno di noi, un “segno” che è stato dato affinché potesse essere ridefinito “con” la ricchezza dell’esperienza della vita. Tuttavia, l’uomo deve poter utilizzare la dimenticanza per non tenere il conto di tutti i processi che lo hanno reso soggetto al fine di trasformare i segni in nomi e i nomi in simboli. Così l’uomo costruisce la propria identità tra oblio e memoria.

Assumere il nome dell’altro

Così come alla nascita l’essere umano assume il nome dato dall’altro anche nel sogno accade che si assuma un nome alieno come il proprio. Accade anche di non provare tanto stupore nel rammentare di esser apparsi a noi stessi come sconosciuti a colui o colei a cui si racconta il sogno al risveglio. Nondimeno, al risveglio, senza il ricordo, alcuno saprebbe dichiarare all’altro il nome proprio che distingue anche dal personaggio o dagli attori del sogno. Quindi se non si potesse dimenticare il nome non si potrebbe ascoltare il nome dell’altro che palesando la sua presenza annuncia una richiesta. In altre parole: “se non potessi dimenticare, non potrei sognare”.

Così come alla nascita l’essere umano assume il nome dato dall’altro anche nel sogno accade che si assuma un nome alieno come il proprio. Accade anche di non provare tanto stupore nel rammentare di esser apparsi a noi stessi come sconosciuti a colui o colei a cui si racconta il sogno al risveglio. Nondimeno, al risveglio, senza il ricordo, alcuno saprebbe dichiarare all’altro il nome proprio che distingue anche dal personaggio o dagli attori del sogno. Quindi se non si potesse dimenticare il nome non si potrebbe ascoltare il nome dell’altro che palesando la sua presenza annuncia una richiesta. In altre parole: “se non potessi dimenticare, non potrei sognare”.
Nell'intrigante mostra a Aosta, in questo momento in corso, "L'autre portrait. Le jeu",  Miriam Colognesi mette in gioco il volto, i corpi, gli sguardi conservati e celati dagli archivi fin quando non sono messi in gioco. L'artista li fonde con le carte dei tarocchi, gioco e divinazione che attraversano i secoli. "Semplificando potremmo affermare che Miriam Colognesi compie una scelta molto precisa, quella di indagare attraverso un personale registro espressivo il tema della memoria individuale e collettiva. Decide di non occuparsi dei giocatori di carte, ma di ridisegnare le carte stesse, animandole dei volti e delle presenze di persone che riemergono dal passato in cui possiamo riconoscerci." scrive Daria Jorioz in "Gioco di carte, gioco del destino" per la presentazione delle opere dell'artista.

Raccontare il sogno
È necessario fare uno sforzo di memoria nel raccontare il sogno che finirebbe nell’oblio se non si trova un ascoltatore che rappresenti per noi, e per lui stesso, il confine tra lavoro del sogno nel sonno e quello che si svolge nella veglia. Il sogno infatti “non cessa di non scrivere” nel diurno come afferma, rispetto al sintomo, Lacan. E ciò che non viene scritto, divenendo illeggibile, si trasforma in “Quella Cosa” che non permette il riposo.

Il gioco del rocchetto
Scrivono G. e P. Lemoine (1972): “La matrice di ogni psicodramma, secondo noi, è il gioco del rocchetto o del Fort- da descritto da Freud (1920)”
Il gioco del rocchetto è ben conosciuto come la possibilità di far riapparire l’assente, potendolo governare attraverso il gioco e il linguaggio. Così è, affermano i Lemoine, anche per gli oggetti che incontriamo nella realtà, una volta usciti dalla esperienza del soggetto, possono esser sempre ricordati e immaginati come presenti. Un bel luogo che abbiamo visitato non lo possiamo portare con noi se non attraverso il contributo dell’immaginazione che lo può rendere presente, allietando un momento di stanchezza o favorendo l’alleggerimento di situazioni faticose.
L’immaginario è un elemento, o regime seguendo Lacan, del nostro pensiero, su cui poggia la metodica dello psicodramma analitico. Durante la rappresentazione di alcune parti del discorso dei partecipanti al gruppo, l’immaginario permette di rendere presente ciò che non lo è nella realtà di quel momento. D’altra parte, le mani di un mimo permettono ai nostri sguardi di cogliere ciò che non è e se il mimo è capace di far emergere emozioni che non hanno altro ancoraggio nell’immaginario dell’artista e di chi lo ha scelto.

Saper giocare
Nello psicodramma analitico non serve essere artisti mentre è necessario saper giocare seriamente come sanno fare i bambini e le bambine che sanno che non sono ciò che vorrebbero essere ma in quel momento lo impersonano con grande coerenza.
Il gioco ovviamente non può durare all’infinito e bambine e bambini si affidano all’adulto perché li possa far rientrare nella realtà. Anche nel gioco immaginario dello psicodramma il tempo è dato dal setting e dagli psicoanalisti e psicodrammatisti che conducono il setting in piccolo gruppo.
L’assenza della Cosa, della realtà, dell’oggetto che non è più nella sua concretezza e nel presente lascia una cornice vuota, un buco attraverso cui scorgere il riflesso dell’esperienza vissuta, ascoltare la sonorità coinvolgente che solo un brano musicale, una coreografia di danza sanno donare a chi decide di lasciarsi andare ai confini dell’immaginario per “incorniciare i momenti di riposo”.

Se questo è il tavolo
Scrivono i Lemoine … “se questo è il tavolo intorno al quale si riunisce per il pranzo tutta la mia famiglia, esso può diventare il simbolo del pranzo familiare, poi passando da una metafora all'altra, della famiglia stessa, quindi di altre famiglie come la mia; entra in gioco a questo punto la funzione simbolica”
Lemoine (1972)
Nell’esperienza di incontro con l’altro nel gruppo di Psicodramma Analitico, è possibile scorgere l’orizzonte attraverso un buco, come quello della fotografia per intenderci, rubato dallo scrivente a un cancello di legno di Aosta, permettendo a ciascun partecipante di dare infiniti significati alla vita vissuta, fin a ridisegnarne lo svolgimento. Ciò favorisce la memoria degli accaduti poiché essa diviene meno pressante o troppo coinvolgente, trasformandosi in racconto all’altro o in racconto dell’altro, colorando la vita con nuovi sentimenti e colori .
Lo psicodramma analitico è al servizio di chi desidera spostare “Quella Cosa” dal centro della vita affinché l’incessante rimirare la Cosa, venga sostituito dall’ “incorniciare i momenti di riposo”.

Piccola bibliografia

Colognesi Miriam - "L'autre portrait. Le jeu" Aosta, Chiesa di San Lorenzo - 27 maggio - 15 ottobre 2023

Fileno Enzo (2022) – Il giardino di Italo – Ponte alle Grazie

Freud S., (1920), Aldilà del principio di piacere, in Opere vol.9, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.

Jorioz Daria in "Gioco di carte, gioco del destino"
"L'autre portrait. Le jeu" Aosta, Chiesa di San Lorenzo - 27 maggio - 15 ottobre 2023

Lemoine G. e P., (1972), tr.it. Lo Psicodramma, Feltrinelli editore, Milano, 1977

Dove e quando si svolgerà il primo incontro e i successivi?

Il 09/09/23 a Roma in via Nomentana 333 C, con orario ridotto, 9,00 – 12,05.

A seguire i primi tre incontri si svolgeranno nelle date del
21 ottobre 2023;
11 novembre 2023; 9 dicembre 2023 
secondo il seguente orario:

• 9,00 - apertura
• 9,15 - 10,30 - prima seduta
• 10,30 - 10,45 - break caffè
• 10,50 - 12,05 - seconda seduta
• 12,10 - 13,10 - pausa pranzo
• 13,15 - 14,40 - terza seduta
• 14,45 - 16,00 - - quarta seduta

 

Costo?

Il 09/09/23 è richiesto il desiderio di partecipare.

Da ottobre il costo sarà di € 100 mensili.

Informazioni e Iscrizioni

Nicola Basile

• cell. 3296322722 (lasciare messaggio su whatsapp per essere richiamati)

• mail: nibasile@libero.it

Formazione SIPsA allo psicodramma analitico – Laboratorio di I livello

Che cosa è lo psicodramma?

Lo psicodramma analitico ha origine negli anni ’60, grazie alla coppia di psicoanalisti francesi, Genie e Paul Lemoine.

Esso si presenta come originale elaborazione di teoria, metodo e setting freudiana sul funzionamento della mente.
Lo psicodramma è studiato e sviluppato, nella SIPsA, come un dispositivo psicanalitico. Si svolge tramite incontri in gruppo, di solito settimanali, della durata un’ora e mezza.

Come accedere al percorso formativo delle SIPsA?

La SIPsA è organizzata in Centri Didattici.

Il Centro Didattico Aletheia di Roma per l’anno 2023-2024 si è proposto di attivare il Laboratorio di psicodramma analitico di Primo Livello.
Coloro i quali, al termine di questo primo laboratorio, mostreranno interesse a proseguire, potranno portare avanti l’esperienza analitica in gruppo anche l’anno successivo. Coloro i quali hanno la qualifica professionale, potranno inoltre sperimentarsi nella posizione di animatore e di osservatore per mezzo della supervisione dei formatori SIPsA.

A chi è rivolto l’incontro mensile del laboratorio di I livello?

È aperto.

Quale è il suo obiettivo?

Ogni domanda cerca una soluzione la cui risposta richiede l’altro. Ciò implica la capacità di attingere alle proprie competenze umane che mutano nel corso del tempo. Poiché non tutte le domande trovano una definizione, né tutte le risposte sono esaurienti, si originano strati di interrogativi che vengono riposti e dimenticati, richiedendo un gravoso dispendio di energie emotive e cognitive solo per conservarle. Avere un luogo e un tempo per poter rappresentare i propri “incompresi” e a volte “incomprensibili” bisogni, personali o professionali rende meno energivoro il lavoro della psiche. Nel gruppo di Psicodramma analitico gli interrogativi sulla realtà del vivere e il vissuto del sogno vengono rivolti alla coppia di analisti, trovando un interlocutore in loro come nei partecipanti. Il gioco psicodrammatico conduce allo svelamento di ciò che nel tempo è stato accantonato e dimenticato, rendendolo materiale riutilizzabile. L’esperienza che si ripete, come la domanda che non ha soluzione perdono la qualità di ostacolo. Infine, grazie alla dimensione corale del setting, ciascuno individua nel tempo originali percorsi di ricerca personali e professionali, potendo utilizzare le risorse celate nell’inconscio.

Chi animerà gli incontri?

Nicola Basile, psicoanalista, didatta SIPsA, lavora a Roma, nello studio “Nuovi Percorsi” in via A. Borelli di Roma di cui è fondatore. Cura dal 2005 il sito https://www.nuovipercorsi.it/.

Alessandra Corridore, Psicoterapeuta, Psicologa Analista con funzione di docenza C.I.P.A.  (Centro Italiano   di   Psicologia   Analitica),   socio I.A.A.P.   (International   Association   for   Analytical   Psychology), associato   SIPsA   (Società   Italiana   di   Psicodramma   Analitico).   

Dove e quando si svolgerà il primo incontro e i successivi?

Il 09/09/23 a Roma in via Nomentana 333 C, con orario ridotto, 9,00 – 12,05.

A seguire i primi tre incontri si svolgeranno nelle date del
21 ottobre 2023;
11 novembre 2023; 9 dicembre 2023 
secondo il seguente orario:

• 9,00 - apertura
• 9,15 - 10,30 - prima seduta
• 10,30 - 10,45 - break caffè
• 10,50 - 12,05 - seconda seduta
• 12,10 - 13,10 - pausa pranzo
• 13,15 - 14,40 - terza seduta
• 14,45 - 16,00 - - quarta seduta

 

Costo?

Il 09/09/23 è richiesto il desiderio di partecipare.

Da ottobre il costo sarà di € 100 mensili.

Informazioni e Iscrizioni

Nicola Basile

• cell. 3296322722 (lasciare messaggio su whatsapp per essere richiamati)

• mail: nibasile@libero.it

POLIVISIONE

a cura di Nicola Basile

25 | MARZO  2023 | h 9,00 13,00
c/o Asilo Nido Per Fare Un Fiore via Nomentana 333/c Roma

POLIVISIONE SEMINARIO IN SETTING DI PSICODRAMMA ANALITICO

Il seminario del 25/03/2023 è aperto a coloro che con noi desiderano interrogare attraverso il dispositivo dello Psicodramma analitico, i nodi che la relazione di cura pone alla società. Il seminario come sempre non è gratuito. La partecipazione richiede la fatica del proprio esserci e il desiderio della psicoanalisi.
Per informazioni scrivere a: nicolabasile.edu@gmail.com
indicando il proprio nome, professione, numero di telefono. Riceverete una mail e messaggio WhatsApp di conferma.
Altrimenti inviare un messaggio WhatsApp a Nicola Basile - 3296322722

Lettera da un interpellante di mezza età

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera in merito al seminario di Polivisione di febbraio 2023 [1]

Phersu Tomba degli auguri Tarquinia [2]
Un commento avrei voluto farlo quasi subito, ma la cronaca, aggiungendo nuovi fatti ad alcune delle stesse emozioni che animavano l’incontro, ha rallentato il metabolismo: è sempre più complicato assimilare gli urti emotivi, chissà quali e quante le ragioni alla base di questa difficoltà.

Inizierei però dalle cose che non avevo capito: ad esempio, non avevo capito che il gruppo, questa volta, vedeva prevalere numericamente gli operatori professionali rispetto al numero di coloro che interpellano le conoscenze di tali professionalità.
E non avevo compreso se tutte le parti dell’introduzione al seminario, da ‘Interrogativi sospesi’ a ‘Concludo con una piccola storia clinica’ fossero state scritte da uno stesso autore; mi era sembrato anzi dover propendere per una scrittura a più mani, impressione comunque cambiata dopo la partecipazione: avrò infine interpretato correttamente?

E, per finire, non ero stato in grado di farmi un’idea di come gli argomenti dell’introduzione potessero – ove mai ciò fosse effettivamente previsto per quell’incontro – tendere ad inglobare anche il possibile riferimento ai termovalorizzatori (intesi come totem simbolico dello scarto, quantomeno); nella mia ricorrente ingenuità, mi era tornato in mente (ma che non sembri un riferimento irriverente, giammai, perché tale non vuole assolutamente essere) il titolo di uno dei film del compianto Massimo Troisi, ovvero ‘Pensavo fosse amore, invece era un calesse’. Perché mi era venuto in mente questo titolo? Solo ed esclusivamente per la apparente mancanza di affinità tra la parola calesse e la parola amore, un po’ come potrebbe sembrare sulle prime, a sprovveduti come me, nel confronto tra il concetto di termovalorizzatore e gli argomenti alla base della ricerca della cura dell’io.

E così possiamo passare alle emozioni.
Quella forte dei colori, quelli familiari che cercavano di avvolgere giovani che sono dovuti fuggire dai loro paesi e che speriamo riescano a sentirsi accolti qui, nonostante ora il nostro paese si dimostri, per analoghe situazioni, rudemente e muscolarmente incapace di accogliere. Mi sono trovato a sorprendermi (senza che nulla possa ovviamente giustificare tale sorpresa) di come, nel racconto della sua collega, l’emozione si manifestasse in modi così, come dire, ‘familiari’: una involontaria sorpresa la mia, una osservazione quasi bizzarra, come se le modalità reattive degli operatori professionali fossero destinate sempre a presentarsi diverse da quelle degli ‘interpellanti’ (mi lasci usare questo termine come sintesi, pur ingiustificabile, per ‘coloro che interpellano le conoscenze’ usato sopra).
Quella forte di tornare a incontrare una compagna del viaggio di tanti anni fa e di incontrarla ora in una vita tutta nuova e in una diversa città antica (antichità che sarebbe stata scossa qualche giorno dopo da una assurda tragedia moderna dei servizi di trasporto), di sentire che anche lei riconosceva subito l’altro viandante, invitandolo di nuovo a interpretare un ruolo a ciò chiamando in causa un ricordo di serietà (forse aveva usato un altro termine, non sono sicuro, io, di ricordare bene): un ricordo che ti fa bene all’anima e ti muove alle parole, nel gioco e non solo per il personaggio interpretato, la parola dignità.
E infine, l’emozione del contrasto tra le parole curare e prendersi cura: mi ha fatto tornare in mente quando dicevo che avrei forse scritto un giorno un libro su ciò che divora un ‘interpellante’, un libro che sono felice di non essere più capace di scrivere. Però credo di poter immaginare alcune delle sensazioni che potevano agitare chi ha posto all’operatore professionale il confronto tra i due termini.

Ne propongo a lei altri, prendendoli dall’ultimo brano dell’introduzione al seminario, dato che nel brano mi era, solo sulle prime, venuto di identificarmi, ‘dispiacendomi’ un po’, sempre e solo sulle prime, appunto per alcune parole che avrei sostituito:
- Uomo di mezza età: perché non solo ‘uomo’? Io, ad esempio, chiamo spesso in causa, ormai, la mia ‘veneranda’ età, ma, non so perché, se mi ripenso ‘interpellante’, quella descrizione mi suona male, forse perché da quel percorso si spera di uscire ricondotti, in un certo senso, all’indietro, a quando il male oscuro non ti aveva ancora reso improvvisamente ‘vecchio’; così la specificazione dell’età sembra assegnarti, invece, ad un percorso che va inevitabilmente solo in un senso, quello del tempo che passa senza consentirti mai di ritornare un poco anche all’indietro, di risentirti, appunto, di nuovo un po’ più solamente uomo e un poco meno vecchio;
- Lamentazioni sempre identiche, di racconti noiosi di lavoro e quotidianità: perché non solo ‘racconti sempre identici, di lavoro e quotidianità’? Quante volte io per primo, da ‘interpellante’, ho definito inutili lamentazioni noiose le cose che dovevo raccontare; io per primo non capivo dove, quando e perché la varietà della mia precedente narrazione quotidiana si fosse dovuta trasformare nell’asfissiante inutile ritornello del tentativo di dare un volto al mostro che ti corrode; ancora ora, però, a leggerle così (come comunque erano, certo), ti fanno tornare in mente la paura che il mostro possa tornare …

Ma arrivando invece alle conclusioni, senza per fortuna lasciarsi nuovamente agitare dalle ansie, che dire: un incontro davvero stimolante, nel quale riesco a identificare in via separata – ciò che mi appare una vera fortuna, ripensando ad anni fa – da una parte l’effetto delle emozioni, dall’altra una nuova interessante vista sul mondo della sua professione.
Grato per l’invito e curioso per i prossimi, se questi commenti non le sembreranno ingiustificabilmente irriverenti.

Un caro saluto e a presto.

[1] lettera firmata

[2] Nelle pitture etrusche di alcune tombe di Tarquinia, e forse anche di Chiusi, tra varie scene sportive e giochi funebri, è raffigurato uno strano personaggio mascherato denominato phersu. Phersu in etrusco voleva dire maschera (il nome si evince dalla chiara iscrizione apposta in due casi accanto al personaggio), da cui deriva l'italiano "persona", attraverso il latino persōna "maschera", nel senso di «apparato atto a far risuonare la voce». La paretimologia del latino persōna da per "attraverso" e sonare "suonare" è smentita dalla quantità breve della O del verbo latino sonare. https://it.wikipedia.org/wiki/Phersu

La Signora degli scarafaggi

Riceviamo da Cristina Frioni e volentieri pubblichiamo

a cura di Nicola Basile

LA SIGNORA DEGLI SCARAFAGGI di Fabrizio Ansaldo

1969 Una donna americana si trasferisce a New York per cercare lavoro. La città è in fermento per i moti di protesta giovanili, il raduno musicale di Woodstock e la guerra del Vietnam. I vicini sono giovani hippie e a causa di un buco nel muro comunicante con la loro cucina, la donna si ritrova la casa invasa dagli scarafaggi…

Con Cristina Frioni e Luana Baroni al piano.

TEATRO FURIO CAMILLO - SAB 11 h 21 e DOM 12 h 18
Indirizzo: Via Camilla, 44, 00181 Roma RM
Telefono: 06 9761 6026

 

Fili di seta

Tante "storie" una storia

recensione a cura di Nicola Basile

 

Sul filo del ricordo

Parole sul filo del ricordo è uno dei possibili modi di descrivere l’ultimo lavoro di Alberto Alberti, uomo di scuola a tutto campo: maestro di scuola elementare, dirigente scolastico, ispettore del Ministero della Pubblica Istruzione, medaglia d’oro all’Istruzione con Ciampi Presidente della Repubblica, interprete della legislazione scolastica per cui ha cercato di convincere la politica a svolgere i suoi compiti e, non in ultimo, narratore.

Come sono andate le cose?

 

Un giorno Alberto mi domanda di leggere l’ultimo manoscritto e da lettore mi lascio avvolgere nella seta che mille bachi tessono intorno a me, portandomi in una Sicilia a me cara, aspra e dolcissima, nostalgica e rivoltosa. “Come sono andate le cose? Non lo sappiamo … ma c’è un secondo gruppetto di versi che…”  si fa fili di parole che danno forma a donne, uomini, appassionatamente insieme nell’eros come nella costruzione di una storia che parte da un caleidoscopio di frammenti per mostrarsi infine quadro.

Prima che i fili divenissero...

Ho avuto il piacere di parlarne con l’Autore prima che i fili divenissero tela, vestiti bianchi, gorgoglii di fontane sulle pagine dell’Anicia editore; oggi ricerco nell’ordito di cultura e natura dei racconti, la storia fatta di tante storie dell’unica storia che porta il nome dell’Autore.

occhi che osservano con dolcezza

INCONTRO CON L’OSSERVAZIONE DIRETTA

L’OSSERVAZIONE DIRETTA
E LA SUA APPLICAZIONE IN CAMPO EDUCATIVO
NELLO STUDIO REALIZZATO A BARCELLONA

organizzato in collaborazione con Studio Multidisciplinare Nuovi Percorsi, via Borelli 5 Roma
28 maggio 2021 h 19 – 20,30,  piattaforma meet

occhi che osservano con dolcezzaQuesto incontro presenterà come si è svolta un’esperienza di ricerca in ambito educativo e formativo in cui è stata utilizzata la metodica dell’osservazione diretta. Verrà illustrato ciò ha portato alla definizione di un modello di apprendimento che ha aiutato ad ampliare e modificare lo sguardo dell’adulto sull’infanzia.

Introduce il webinair: Nicola Basile – psicoanalista, membro didatta della SIPsA, che ha collaborato alla costruzione della Metodica dell’Osservazione Diretta.
L’esperienza verrà presentata dall’antropologa dott.ssa Pau Farras Ribas che ha svolto la ricerca.
Seguirà conversazione su esperienze di osservazione in ambiti educativi e formativi-

Per ricevere il link contattare i seguenti recapiti:
mail_nuovipercorsiviaborelli@gmail.com
Nicola Basile – 3296322722

TIPITIPIRÙ ASCOLTARE I POETI PER NARRARE AI BAMBINI

DALL’ANTOLOGIA "15 ½ PIUTTOSTO BIZZARRE DI PAVLINA PAMPOUDI"

NELLA TRADUZIONE DI VIVIANA SEBASTIO.

Nel 2004 insieme a Viviana Sebastio e al team di docenti di un istituto romano, con la collaborazione grafica di Federica Reale, abbiamo proposto a dei bambini di prima di scrivere un libro, quando sapevano per lo più articolare soltanto le prime forme di lettura e scrivere i primi segni grafici della loro lingua. Abbiamo chiesto a questi bambini di scrivere collettivamente, sollecitati dall'incontro con una lingua che non conoscevano, il neogreco. Abbiamo chiesto loro di disegnare e realizzare le immagini di un libro, affinché altri bambini potessero leggere quel che loro avevano creato.

Cosa ce lo abbia consigliato, è una domanda legittima.

Torno per un attimo al neolitico...
Sarà perché allora si stava definitivamente assestando il patrimonio neuronale della nostra specie, sarà perché il numero degli esseri umani era cresciuto, sarà inoltre per la scoperta che assieme si vive meglio, il fatto è che in quel periodo abbiamo avuto necessità di lasciare pittogrammi un poco ovunque su questo pianeta.
A cosa serviva lasciare un disegno su una parete, a quale urgenza rispondeva aggiungere una forma alle forme già lasciate da altri, così da formare veri e propri musei di pittogrammi, come ad Altamira, in Spagna?

Qpittogrammi da wikipediaualcuno ha scritto che l'urgenza di lasciare quei disegni era determinata dal pensiero che un altro della stessa specie, lo avrebbe visto e, nel poterlo ammirare, il visitatore riportava al presente l'altro. Un modo per entrambi, lettore e autore del pittogramma, di sentirsi in comunicazione nonostante l'assenza di uno dei due. Nelle grotte di Altamira nasce, si sviluppa, e arriva a noi attraverso i millenni, un meraviglioso libro, scritto da analfabeti che immaginano di esistere dopo la vita grazie alla pittura e al segno, i pittogrammi, appunto. Ad Altamira i disegni non sono solo disegni, sono soprattutto messaggi, lettere, testo, storia, dell'uomo che racconta la propria vita a un altro uomo che non conoscerà. Consapevoli di tutto ciò, abbiamo chiesto a una scrittrice greca di raccontare una sua favola attraverso i segni lasciati sulle pagine, grotta, dei suoi libri. Noi con i bambini siamo entrati nella
grotta libro dove i segni sono divenuti pezzi di persone di cartone, brandelli di colori da incollare sui pezzi di cartone che divenivano pupazzi o "pupezzi", simili ai pittogrammi dei nostri avi. Come i nostri avi li abbiamo messi insieme i pupezzi e abbiamo lasciato che ci raccontassero la storia che apparteneva alla comunità degli uomini e delle donne che sentono la solitudine come un dono
da condividere. Così i pupezzi si fanno prima segni, poi narrativo e infine si smaterializzano in pagine virtuali, affinché la grotta divenga sempre più ampia e possa accogliere tutti i naviganti della creatività, come una smisurata balena in cui ad accoglierci troviamo sempre Pinocchio con Geppetto, a leggere, scrivere e a narrare. Abbiamo infine pensato che a scrivere racconti, ci si sente meno soli, pensando che da qualche parte qualcuno comincerà a scrivere una nuova storia perché ha letto la nostra affinché
un altro la legga e scriva la sua e così via, in un mare dove l'attracco nei porti sia un diritto per poter proseguire nella navigazione.
Nicola Basile
psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista, psicodrammatista.