SUPERVISIONE o POLIVISIONE?
Il lavoro che implica una relazione di cura con i minori, pone, ai professionisti coinvolti, una serie di questioni che portano a riflettere su ipotesi diagnostiche e di intervento. A sostegno della formulazione di un caso c’è la supervisione. Nel dizionario di psicologia di Umberto Galimberti alla voce “supervisione” compare un rimando ad un’ ulteriore voce che è l’analisi didattica, definita come trattamento psicoanalitico a cui si sottopongono coloro che vogliono svolgere la professione di psicoanalista. Dopo un’ esperienza di autoanalisi, Freud formulò la convinzione secondo la quale, siccome non si può praticare l’ attività analitica se non si accede alla conoscenza del proprio inconscio che deve disporsi “come il ricevitore del telefono rispetto al microfono trasmittente”, è necessario che chi si propone di diventare psicoanalista si sottoponga ad un’ analisi didattica. Secondo il padre della psicoanalisi la funzione dell’ analisi didattica è assolta se porta l’allievo al sicuro convincimento dell’ esistenza dell’ inconscio. Galimberti continua scrivendo che l’analisi didattica viene completata con l’analisi di controllo o SUPERVISIONE dove un’analista in formazione rende conto ad un’ analista più esperto del proprio modo di condurre i trattamenti; il supervisore, può, in tal modo, controllare il lavoro e soprattutto il controtransfert. Questa definizione di supervisione rimanda dunque ad un’idea di controllo che sembra giustificare la prospettiva dall’ alto: super-visione.
Gli incontri che lo studio “Nuovi Percorsi” ha proposto e propone, per una riflessione clinica sui casi dell’ età evolutiva, si articolano su due sessioni di lavoro: nella prima parte viene seguita la metodica neuropsichiatrica; nella seconda, viene interrogato il desiderio di chi ha il compito della cura, con il dispositivo dello psicodramma analitico. In tal modo è possibile fare un’ analisi della domanda di terapia, riformulare ipotesi diagnostiche, ridefinire setting, attraverso accorgimenti di set in corso, o pensando ad interventi di rete in grado di rispondere alla complessità delle domande di presa in carico. Attraverso lo psicodramma analitico è possibile ricercare i processi inconsci che si definiscono nella relazione tra professionista e minore, e, in questo modo, liberare la capacità di risonanza del professionista. Elena Croce (1990) scrive: “Il lavoro di supervisione sembra consistere nell’ analisi o scioglimento di quelle rappresentazioni e affetti reattivi che, come tali, sono suscitati dal paziente, nella vita psichica del terapeuta che lavora in una prospettiva analitica, mettendo momentaneamente in scacco il suo ascolto e la sua capacità di costruzione”, intendendo come tale l’atteggiamento di fondo che rende possibile l’analisi, che permette che la parola del paziente riceva la sua capacità di risonanza in analisi. Il gruppo di psicodramma ha il potere di svelare aspetti emotivi inconsci dei professionisti, che, se visti, rappresentano una chiave per comprendere il sintomo. E’ così possibile cambiare posizione nel gioco e, dunque, passare da un assetto di super-visione ad un altro di poli-visione.
Sarah Salvatore