“Incespicare”
INCESPICARE
dalla polivisione del 24 /02/2023 alla polivisione del 25/03/2023
di Nicola Basile
Incipit
Come incipit della sessione aperta [2], Giuseppe Preziosi aveva rintracciato la richiesta di realizzazione della cura e il bisogno di poter toccare con un dito l’orizzonte dello stare bene, enunciati nel sacrosanto diritto di aspirare al guarire di chi soffre. In questi bisogni, diritti e desideri, Preziosi intravvedeva una logica commerciale che si esplicitava nella preghiera di tornare normali per essere riammessi da buoni consumatori, nella comunità da cui ci si sente esclusi.
Far di conto
Sappiamo che nella relazione di cura si deve fare i conti anche con il dare qualcosa in cambio, sofferenza contro benessere, pagare per ottenere qualcosa che non si sa dove andare a trovare, quando si rimane nell’etica in cui la vita umana è il primo valore da salvaguardare- Quando non c’è altro che passaggio di moneta per avere più moneta, come nelle truffe in cui si raggirano i deboli in nome di eventi millenaristici [3] si concretizza il rischio della speculazione economica. Il prendere cura di sé stessi tuttavia può scartare, interpreto così lo scritto di Preziosi, la questione del valore nella nostra società, valore sempre alienato dal soggetto che ha perso la capacità produttiva e i mezzi per realizzarla se assieme al valore della vita umana si aggiunge quello della parola vera, quella che sfugge dal controllo, come nel sogno, nel lapsus, nelle metafore e metonimie interpretate dalle diverse forme artistiche.
Perdita di valore
Il valore si disperde, si volatilizza nei mercati azionari come nei sentimenti e nelle relazioni, se la parola diviene puro mezzo di propaganda politica, economica, ideologica, commerciale, rendendosi muta e inconoscibile. In effetti qualsiasi oggetto del nostro vivere quotidiano dopo un certo tempo perde il suo valore economico e con esso purtroppo il suo valore di uso, per andare nella direzione del rifiuto o dell’oggetto di antiquariato. Nel primo come nel secondo caso se non sappiamo come utilizzare la perdita delle caratteristiche di utilizzabilità di quell’oggetto, l’oggetto diverrà il problema di come smaltire qualcosa di inutilizzabile.
Il caso delle pile elettriche
È il caso delle semplici pile elettriche che una volta esaurito lo scambio di elettroni, divengono un dilemma per l’ecosistema, se qualcuno non le recupera e ne riutilizza i materiali. Le pile esaurite, quindi, vanno raccolte e non abbandonate come lo scarto dei nostri processi inconsci di pensiero che, se abbandonato e non riutilizzato, si fa materiale inquinante. Il desiderio può fare la stessa fine delle pile, inizialmente esso cerca degli spazi dove investire massivamente molte energie, lasciandone altri sprovvisti. La ricerca di amore può distrarre dall’affermazione negli studi come nel lavoro e viceversa creando disequilibri e spostamenti da una zona altra della vita emotiva e cognitiva dell’uomo, che andranno in seguito riequilibrati in un processo in cui tutto è continuamente mutevole ma che abbisogna di un equilibrio dinamico.[4]
Se l’equilibrio si fa statico, come nelle pile esauste, non c’è produzione di creatività ma una sorta di inutilità del desiderio stesso che lo fa sembrare irrecuperabile nonché superfluo, poiché viene sopraffatto dal bisogno di oggetti consumabili.
Vita sotto i rifiuti
Dal momento che il desiderio non può rassegnarsi all’inutilità, esso, pur di vivere, si nasconde sotto strati di rifiuti, difesa che anziché proteggerlo, lo immobilizza e alla lunga lo degrada. Il desiderio di vivere che vaga nei cassonetti delle nostre città, attrae coloro che vivevano di artigianato e migrazione fino a metà del ‘900, degradando abilità e tradizioni di una civiltà millenaria che sapeva ammaestrare i cavalli, riparare gli attrezzi agricoli, stagnare le pentole, creare musicalità struggenti che chiamiamo flamenco. E poiché nei cassonetti finisce il superfluo del superfluo, supermarket di ciò che per essere valorizzato richiede altro commercio, assistiamo a un’attribuzione di valore a una merce che chiamiamo rifiuti che rende rifiuti gli uomini e le donne che ne fanno merce.
Riutilizzo delle materie prime
Anche la parola, posta all’ascolto di qualcuno che non le chiede di rilucere ma la sottopone alla possibilità di non temere di essere catturata e esposta al commercio che l’ha svalutata, può accedere al riutilizzo delle sue materie prime, che nel caso dell’uomo e non delle pile, sono le relazioni con gli oggetti di amore della vita che altro non sono che i personaggi che hanno dato vita al dramma interno di ogni vita. Lo strumento parola, se viene disinvestito dal potere della fascinazione che accompagna la seduzione, permette il dire ciò che era stato scartato, rimosso, buttato, indifferenziato, liberando sonorità e colori sepolti sotto cumuli di sintomi.
Parole e parole
Avviene che, a febbraio di questo anno, il gruppo in setting di psicodramma analitico, trovi la parola di giovani uomini e donne che unendo le mani dipinte di giallo e blu, parlano dello strazio della carne viva della guerra da una scala di emergenza, palcoscenico coerente per lanciare simboli iconici e letterari che nutrano la vita e non confezionino bombe. Noi con loro affidiamo la preghiera alla voce di un megafono, affinché le onde sonore possano giungere all’altro. I portatori di queste parole e del gesto di solidarietà sono gli stessi giovani uomini e donne che parole come Pdp, curriculum, programmazione, valutazione, rendimento, rispetto mettono spesso all’angolo della vita stessa.
Il soggetto che non si rassegna
Chi è colei, chi è colui che li ricorda durante la sessione della Polivisione? È un uomo, è una donna, è il soggetto che non si rassegna a cercare la parola che può far uscire dall’emergenza, stratificazione di terre inquinate di difficile smaltimento soprattutto quando non ci sono strumenti culturali ma armi a risuonare nell’aria. Il soggetto discorre riconoscendo la sua fragilità, poiché sa di non esistere se non sa riconoscere il nucleo di desideri che lo ha originato, non importa né come né dove. In quella manciata di minuti in cui si svolge il seminario di Polivisione in setting di psicodramma analitico, si esplicita una frase interrogativa che si può scrivere approssimativamente così: “se non c’è il desiderio di dare origine alla vita e di afferrarla, la vita stessa non è data e il soggetto scompare”.
Il tragitto si interrompe
In una moderna e veloce metropolitana europea, il tragitto di una donna si interrompe davanti a un padre, una madre e una bambina, una famiglia che attende il turno per essere ammessi nell’Europa colta e progressista. Non chiedono, sono immoti eppure catturano il suo sguardo. Lei è straniera come loro in quelle gallerie, porta con sé un pacchetto, un piatto preparato per altri. Li supera, l’occhio forse non voleva farsi strappare il bene che le mani sorreggevano, ma la pietanza si fa inciampo, diviene offerta, baratto tra ciò che era e ciò che può essere. La pietanza si riempie di pietas. Durante il gioco drammatico, si ascolta un dialogo dove si incrocia la traduzione balbettante di almeno tre lingue, greco, inglese e italiano e un “Thank you” che risuona breve, acuto e grave a seconda di chi lo emette. Non c’è persecutore e perseguitato, uomini e donne, infans e simbolo si stringono per darsi una mano. Il giorno dopo quell’incontro, lo stesso luogo della stessa moderna metropolitana europea si fa cornice per l’assenza di corpi. I tre hanno forse ripreso il loro viaggio e la narratrice è alle prese con i resti di quel incontro: simbolo di tutti gli incontri possibili poiché l’incontro ora è in lei come nell’altro che è lontano.
Inciampo
Lo psicoanalista, di certo non nuovo alla conduzione del setting, inciampa anche lui, non ha parole a denominazione di origine controllata da offrire, poiché anche lui si riconosce nella staticità della pila esausta e ne soffre; ha memoria della fragranza di una pietanza il cui viaggio non troverà il porto sicuro perché intercettata dall’emersione della domanda silenziosa, evocata dalle traduzioni impossibili di continenti fratelli e terre sorelle nei sotterranei anonimi di una metropolitana.
Oggi siamo soltanto a 73, la conta che il mare di Cutro continua a scrivere sulla sabbia, pieno di rabbia per chi raggira i vivi con parole vuote, lui custode dei resti come della vita.
E la conta non sappiamo quando si fermerà.
note
[1] Conduzione del seminario di Polivisione, in setting di psicodramma analitico, febbraio 2023.
[2] Aperta a coloro che interrogano il desiderio della psicoanalisi nei gangli della società, essendo o non essendo psicoanalisti, invitati per aver lasciato scorrere parole che non chiedono e non chiedevano il brillio del futile e del consumo, svoltasi il 24/02/23.
[3] Vedi quanto sta accadendo nel comune di Roma a Trevignano, dove il terzo giorno di ogni mese folle attendono le lacrime di sangue da una statuina della Madonna acquistata a Medjugorje.
[4] I fatti che ci hanno indotto a credere nell'egemonia del principio di piacere nella vita psichica trovano espressione anche nell'ipotesi che l'apparato psichico si sforzi di mantenere più bassa possibile, o quantomeno costante, la quantità di eccitamento presente nell'apparato stesso. Quest'ipotesi non è che una diversa formulazione del principio di piacere, poiché se il lavoro dell'apparato psichico mira a tenere bassa la quantità di eccitamento, tutto ciò che ha invece la proprietà di aumentare tale quantità deve essere necessariamente avvertito come contrario al buon funzionamento dell'apparato, e cioè come spiacevole. Il principio di piacere consegue dal principio di costanza, invero il principio di costanza è stato infierito dai fatti che ci hanno obbligati ad adottare il principio di piacere … eppure dobbiamo ammettere che a rigore non è esatto parlare di un'egemonia del principio di piacere sul flusso dei processi psichici la legge demonia esistesse la stragrande maggioranza dei nostri processi psichici sarebbe accompagnata da piacere o porterebbe al piacere, mentre l'universale esperienza si oppone energicamente a questa conclusione punto dobbiamo dunque limitarci a dire che nella psiche esiste una forte tendenza al principio di piacere virgola che però è contrastata da altre forze o circostanze, talché il risultato finale non può essere sempre in in accordo con la tendenza al piacere. Freud, S. (1920) Al di là del principio di piacere, OSF IX
[5] tutte le fotografie sono state scattate da Nicola Basile
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