Polivisione 11 giugno 2021 h 19,00 – 20,30
L’incontro di chiusura della Polivisione prima della pausa estiva porta a riflettere sul percorso fatto insieme e sul desiderio che ci ha mossi nel procedere fin qui.
L’occasione è delle più spiazzanti e impensabili: il nuovo percorso della Polivisione è stato impresso dalla pandemia, costringendoci a un lungo periodo di emergenza che ha sovvertito il modo conosciuto di muoverci nel mondo e di stare con l’altro. Sono entrati nella vita quotidiana il timore del contagio, la dimensione del traumatico, dell’attacco invisibile dall’esterno, facendoci incontrare il perturbante, tema emerso a più riprese e sotto forme diverse nei nostri incontri.
Il concetto di “Perturbante”, introdotto in ambito psicologico per la prima volta dallo psichiatra tedesco Ernst Jentsch nel 1906, è stato sviluppato da Freud nel suo saggio del 1919 dal titolo “Il Perturbante”( “Das Unheimlich”).
A questo concetto Freud aveva già fatto riferimento in una breve nota di “Totem e Tabù” (1912-13, pag.92), parlando del “modo di pensare animistico”. Il significato di tale termine ricade sotto la categoria semantica dello “spaventoso”, del “terrifico”, e tende a coincidere con tutto ciò che ci disgusta, ci offende, ci spaventa, dando così una forma ad un’esperienza emotiva che fa vacillare momentaneamente le nostre certezze acquisite, le nostre consuete categorie di interpretazione del mondo. L’interesse di Freud per quest’area dell’esperienza umana si focalizza in particolare intorno a quelle produzioni artistiche e letterarie che maggiormente fanno leva sull’evocazione del “soprannaturale” e dello spaventoso per coinvolgere il lettore/fruitore e condurlo verso un’esperienza emotiva micro-traumatica nella quale l’affetto principalmente indotto è appunto quello della paura.
Freud riprende la teorizzazione di Jentsch ed estende la lettura del fenomeno in chiave psicoanalitica prendendo anch’egli come esempio di analisi critica il racconto di E T.A. Hoffmann, “Il mago sabbiolino” (1815).
Questo racconto incluso nella raccolta “I notturni”, viene interpretato da Freud come rimando letterario all’angoscia infantile di castrazione, poiché mette in scena il mostruoso personaggio del Mago Sabbiolino, entità maligna capace di cavare gli occhi ai bambini che non vogliono dormire, nonché di darli in pasto ai suoi figli a loro volta esseri mostruosi dotati di becchi curvi.
A partire dall’analisi del racconto di Hoffmann, Freud costruisce una sua teoria del Perturbante riconducendo tale fenomeno emotivo all’azione della rimozione, o per meglio dire del “ritorno del rimosso”.
Attraverso un’accurata indagine filologica della parola “Unheimlich” (Perturbante), che in tedesco significa “non familiare, estraneo, non usuale”, Freud sottolinea tuttavia nel suo opposto, “Heimlich” il significato collaterale di “tenuto nascosto, celato, segreto”, oltre che il significato più consueto di “familiare”o “intimo”.
Se l’”heimlich” è ciò che è familiare ma “tenuto nascosto”- rimosso, l’ ”Unheimilch” è dunque lo svelamento del rimosso, e in ciò stesso risiede la sua natura traumatica, ansiogena e disturbante.
Il Perturbante freudianamente inteso agisce proprio a questo livello, come teoria traumatica, cioè come tentativo dell’Io di creare una “formazione di compromesso”, per “darsi una ragione”, per tollerare l’angoscia che invade i suoi confini, e per tentare di ristabilire la propria omeostasi narcisistica.
Il Perturbante quindi, nell’esperienza estetica, sembra riuscire a condensare questo duplice movimento intrinseco alle parti più primitive della mente del soggetto: da una parte evoca la morte dell’Io mediante una evocata frantumazione dei suoi confini; dall’altra genera significazione, cioè un nuovo confine psichico, attraverso il lavoro della raffigurabilità
emotivo – immaginativa (funzione α). Il valore culturale, “transizionale” (Winnicott, 1971) del Perturbante, sembra cioè consistere in questa sua potenzialità continuamente decostruente e insieme costruttiva di un “confine”, di uno spazio mentale e culturale. Infatti, Il Perturbante si muove sempre sul confine della “rottura del senso”, e di questo confine fa tuttavia il suo luogo d’elezione ed esplorazione.
Ci piacerebbe che l’incontro di venerdì 11 giugno 2021 traesse energia creativa dalla rottura di senso a cui siamo e saremo esposti per indicare alla ricerca psicoanalitica possibili nuove forme del desiderio.
L’incontro si terrà su piattaforma meet.
Per ricevere le credenziali scrivere a: nuovipercorsiviaborelli5@gmail.com
Lasciare un messaggio con numero telefonico alla segreteria del numero 067020310.
L’incontro non è gratis, richiede il proprio lavoro di elaborazione.
Silvia Brunelli e Nicola Basile