Lo Psicodramma analitico è un dispositivo gruppale che trova ampia applicazione in ambito terapeutico e formativo. Le sue origini vanno rintracciate nel lavoro di Jacob Levi Moreno, medico psichiatra allievo di Sigmund Freud, che nei primi anni del Novecento inventò lo psicodramma. Nel dopoguerra numerosi sono stati gli sviluppi dell'invenzione moreniana. In particolare, presso lo studio Nuovi Percorsi si pratica lo Psicodramma analitico nella rilettura fatta negli anni Gennie e Paul Lemoine attraverso la teoria lacaniana.
I due psicanalisti francesi furono i fondatori della SEPT (Société d’études du psychodrame pratique et théorique) a Parigi, presso la quale si sono formati numerosi psicoterapeuti, psicanalisti e psichiatri italiani che in seguito hanno dato vita nel 1981 alla SIPsA (Società̀ Italiana di Psicodramma Analitico).
Il gruppo
“Lo psicodramma è dunque destinato a coloro che hanno perso la capacità di accedere al simbolico, o che non ne sono stati capaci, a coloro che ripetono incessantemente la loro domanda; domanda di cibo, di potenza, di madre, di padre, di bambino..., domanda di forsennati, sempre delusa, poiché diversamente il desiderio si spegnerebbe nel soddisfacimento. Essi continuano dunque a ripetere in gruppo. Ma ogni loro domanda circola. Viene per così dire usata; non vi è più
un mero ritorno a se stessi bensì uno scambio” G. e P. Lemoine (1972)
Lo Psicodramma analitico si svolge attraverso incontri di gruppo settimanali o mensili della durata di un’ora e un mezzo. Il gruppo è aperto ed è composto solitamente da un numero di persone che va da 7 a 20. I conduttori del gruppo sono due e si alternano di seduta in seduta nella funzione di animatore e di osservatore.
I membri del gruppo sono invitati a prendere parola, rispettando la regola analitica delle libere associazioni. L'animatore durante la seduta propone di giocare, mettere in scena, drammatizzare, una parte del discorso, una rappresentazione che apre alla possibilità di cambiamento della posizione soggettiva. Per animare la scena viene richiesta la partecipazione degli altri membri, quali interpreti delle varie parti assegnate dal protagonista stesso del gioco psicodrammatico. Al termine di ogni incontro l’osservatore silente restituisce a tutto il gruppo una narrazione. Attraverso questo strumento egli proporrà al gruppo i principali passaggi legati ai processi di messa in parola del materiale inconscio, emersi nel lavoro del gruppo, segnalando soprattutto i significanti che hanno circolato.
L'invenzione dello psicodramma analitico
“Ora, senza voler abbracciare tutto il campo di questi fenomeni, ho sfruttato un’occasione che mi si è offerta per chiarire il significato del primo giuoco che un bambino di un anno e mezzo si era inventato da sé […] Lo sviluppo intellettuale del bambino non era affatto precoce; a un anno e mezzo sapeva pronunciare solo poche parole comprensibili e disponeva inoltre di parecchi suoni ilcui significato veniva compreso dalle persone che vivevano intorno a lui. In ogni modo era in buoni rapporti con i genitori e con la loro unica domestica, ed era elogiato per il suo “buon” carattere. Non disturbava i genitori di notte, ubbidiva coscienziosamente agli ordini di non toccare certioggetti e non andare in certe stanze, e, soprattutto, non piangeva mai quando la mamma lo lasciava per alcune ore, sebbene fosse teneramente attaccato a questa madre che non solo lo aveva allattato di persona, ma lo aveva allevato e accudito senza alcun aiuto esterno. Ora questo bravo bambino aveva l’abitudine – che talvolta disturbava le persone che lo circondavano – di scaraventare lontano da sé in un angolo della stanza, sotto un letto o altrove, tutti i piccoli oggetti di cui riusciva a impadronirsi, talché cercare i suoi giocattoli e raccoglierli era talvolta un’impresa tutt’altro chefacile. Nel fare questo emetteva un “o–o–o” forte e prolungato, accompagnato da un’espressione di interesse e soddisfazione; secondo il giudizio della madre, con il quale concordo, questo suono non era un’interiezione, ma significava “fort” [“via”]. Finalmente mi accorsi che questo era un giuoco, e che il bambino usava tutti i suoi giocattoli solo per giocare a “gettarli via”. Un giorno feci un’osservazione che confermò la mia ipotesi. Il bambino aveva un rocchetto di legno intorno a cui era avvolto del filo. Non gli venne mai in mente di tirarselo dietro per terra, per esempio, e di giocarci come se fosse una carrozza; tenendo il filo a cui era attaccato, gettava invece con grande abilità il rocchetto oltre la cortina del suo lettino in modo da farlo sparire, pronunciando al tempo stesso il suo espressivo “o–o–o”; poi tirava nuovamente il rocchetto fuori dal letto, e salutava la sua ricomparsa con un allegro “da” [“qui”].” Questo era dunque il giuoco completo – sparizione e riapparizione – del quale era dato assistere di norma solo al primo atto, ripetuto instancabilmente come giuoco a sé stante, anche se il piacere maggiore era legato indubbiamenteal secondo atto” scrive Sigmund Freud nel 1920 descrivendo il gioco del piccolo nipote Ernst.
La matrice dello Psicodramma analitico è proprio il gioco, nella sua funzione di rappresentazione che permette di dominare il reale, di passare da una funzione passiva ad una attiva. Nella scena descritta da Freud, l'infante dopo aver dovuto subire la separazione, può rappresentarla simbolicamente. Il rocchetto non sostituisce la madre ma diviene simbolo di tutto ciò che può scomparire. È attraverso il gioco che si accede alla conquista della relazione simbolica, da cui dipende l’accesso ad una realtà umanizzata. Tale conquista infrange il cerchio chiuso e autosufficiente del narcisismo primario e si apre all'esperienza umana fondata sul desiderio sessuale e l’assunzione del limite.
“La caratteristiche del gioco psicodrammatico è il ritorno, un ritorno su di uno sfondo di assenza, su uno sfondo di lutto; ritorno e lutto sono necessari alla messa in atto della guarigione [...] invece di una ripetizione tale e quale della scena come un rocchetto, le modificazioni apportate dall’io ausiliare costituiscono altrettanti motivi per assumere una distanza critica rispetto ad una situazione rivissuta” (Lemoine 1980, p.6)
Gruppi di Psicodramma Analitico attivi
Gruppo terapeutico Lunedi ore 19.00 via Felice Cavallotti 13 - Roma info dott. Giuseppe Preziosi 3334501619
Laboratorio di primo livello allo Psicodramma Analitico Via Nomentana 333c -Roma
info dott. Basile Nicola 3296322722
Bibliografia
Lemoine G. e L (1972)., Lo psicodramma. Poiesis editrice, 2002. Bari
Lemoine G. e P., (1980), Jouer-Jouir. Per una teoria psicoanalitica dello psicodramma. Ubaldini editore.
Cecchetti P. e Tagliaferri C. (a cura di), Analisi incompiute. L'analista in gioco con lo psicodramma freudiano. Aples, Roma, 2018, Roma.
Croce, B.E. (2010), Il volo della farfalla. Borla, Roma.
Gerbaudo R., Gruppo e Gioco. Lo psicodramma analitico nella clinica e nella formazione. Libreria al Segno Editrice, 2014.
Gaudé, S. (1998), Sulla rappresentazione. Fortuna F. (a cura di), Alpes, Roma, 2015.
Guarini A., Riprendendo il filo del rocchetto. Lo psicodramma analitico nella teoria e nella clinica contemporanea. Poeisis editrice, 2022. Bari.
Freud S. (1920), Al di là del principio di piacere. OSF Vol. 9. Bollati Boringhieri,1989.